IL TRIBUNALE 
 
    Ha  pronunziato  la   seguente   ordinanza   di   non   manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art.
14, comma cinque-quinquies, d.lgs. del 25 luglio  1998,  n.  286,  in
relazione agli artt. 3 e 13 Cost. 
Premessa. 
    In data 29 ottobre 2010, Ndiaye Serighe Moussa, nato  in  Senegal
il 23 gennaio 1977, veniva presentato in stato di arresto dinanzi  al
presente giudice ai sensi dell'art. 558 c.p.p. per  essere  giudicato
con il rito direttissimo per il  reato  di  cui  all'art.  14,  comma
5-ter, d.lgs. n. 286/1998  perche'  «senza  giustificato  motivo,  si
tratteneva nel territorio dello Stato in  violazione  dell'ordine  di
espulsione del questore di Agrigento emesso in data  18  marzo  2010,
notificato in pari data. In Licata, in data 28 ottobre 2010». 
    Il G.M., ritenutane la rilevanza e la non manifesta  infondatezza
ai  sensi  dell'art.23,  legge  11  maggio  1953,  n.  87,  sollevava
questione  di  legittimita'   costituzionale   dell'art.   4,   comma
cinque-quinquies, d.lgs.  cit.  che  prevede  l'arresto  obbligatorio
dell'autore del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. cit. 
Rilevanza della questione di costituzionalita'. 
    Gli elementi portati all'attenzione del  giudicante  in  sede  di
convalida  consentono  di  ritenere  prima   facie   sussistente   la
fattispecie  contestata  all'arrestato  in  quanto  questi  e'  stato
sorpreso sul territorio nazionale nonostante l'ordine  di  espulsione
ritualmente notificatogli in data 18 marzo 2010. Risultano,  inoltre,
rispettati i termini di legge  per  la  presentazione  dell'arrestato
dinanzi al Tribunale. 
    La necessita' di procedere alla convalida rende pregiudiziale  la
risoluzione del dubbio di legittimita' costituzionale  dell'art.  14,
comma cinque-quinquies, d.lgs.  cit.,  nella  parte  in  cui  prevede
l'arresto obbligatorio dell'autore del fatto,  prescindendo,  dunque,
dalla gravita' del fatto  ovvero  dalla  pericolosita'  del  soggetto
desunta dalla sua personalita' o dalle circostanze del fatto. 
Non manifesta infondatezza della questione. 
    1.  La  questione   della   legittimita'   costituzionale   della
previsione che impone l'arresto dello straniero autore del reato p. e
p. dall'art. 14, comma 5-ter, legge cit. e' stata  gia'  proposta  al
giudizio della Corte costituzionale  che  ha  ritenuto  le  questioni
inammissibili per carenza di  motivazione  (Corte  costituzionale  n.
22/2007) o infondate (Corte costituzionale, n. 236/2008). 
    Questo giudice ritiene, pero', di dover  rappresentare  ulteriori
profili di possibile contrasto tra la norma citata con  il  principio
di ragionevolezza e con il principio dell'extrema  ratio  che  regola
l'applicazione  delle  misure  restrittive  della  libera'  personale
(artt. 3 e 13 Cost.). 
    Con la presente ordinanza si intende evidenziare, in particolare,
le  incongruenze  che  la  disposizione  processuale   in   questione
introduce    nel    complessivo    sistema    repressivo     relativo
all'immigrazione   clandestina   e   i   conseguenti    profili    di
illegittimita' costituzionale che la misura dell'arresto obbligatorio
innesta sotto il profilo dell'irragionevolezza e  della  mancanza  di
necessita' dell'intervento dell'autorita' di p.s. 
    2.  In  ossequio  al  dettato  dell'art.  13  Cost.  secondo  cui
l'intervento provvisorio dell'autorita'  di  pubblica  sicurezza  con
misure restrittive della liberta' personale  puo'  essere  consentito
dalla legge solo in casi eccezionali di  necessita'  ed  urgenza,  il
legislatore del codice di procedura  penale  ha  limitato  il  potere
della polizia giudiziaria  di  disporre  autonomamente  l'arresto  di
autori di  reato  in  relazione  alla  gravita'  del  reato  e  della
sussistenza di speciali esigenze di tutela della collettivita'  (cfr.
art. 2, n. 32 della legge delega n. 16 febbraio 1987, n. 81). E  tali
criteri, com'e' noto, hanno trovato specificazione  nella  previsione
di ipotesi di arresto  obbligatorio  e  facoltativo  ad  opera  della
polizia giudiziaria collegate in via generale all'entita' della  pena
prevista per il reato per cui si procede ovvero,  con  un'elencazione
tassativa, all'ipotesi di reato contestata (artt. 380 e 381 c.p.p.). 
    Mentre nel caso dell'arresto facoltativo, si chiede all'autorita'
di pubblica sicurezza e,  quindi,  al  giudice  della  convalida,  di
valutare elementi quali la gravita'  del  reato  e  la  pericolosita'
dell'autore,  nel  caso  dell'arresto  obbligatorio,   invece,   tale
giudizio viene anticipato una volta  per  tutte  dal  legislatore  in
relazione alla gravita' del reato commesso per il quale si  ritengono
presuntivamente presenti  le  ragioni  eccezionali  di  tutela  della
collettivita' che impongono la misura precautelare. 
    Il legislatore del  Testo  Unico  sull'immigrazione  ha,  dunque,
incluso in quest'ultima categoria il reato di cui all'art. 14,  comma
cinque-ter, legge cit. per il quale, e' prevista l'applicazione della
misura dell'arresto obbligatorio in flagranza. 
    Come piu'  volte  sottolineato  dalla  Corte  costituzionale,  e'
competenza del legislatore, nell'ambito  dell'ampia  discrezionalita'
di cui gode e per soddisfare le finalita' di politica  legislativa  a
cui e' chiamato a dare concretezza, individuare le ipotesi in cui  e'
necessario,  per  fare  fronte  a  quelle  eccezionali  esigenze   di
necessita' ed urgenza, sottrarre ogni discrezionalita'  all'autorita'
di  pubblica  sicurezza  e  prevedere   obbligatoriamente   l'arresto
dell'autore del reato. 
    Le disposizioni, pero', devono risultare coerenti con gli  stessi
fini che il legislatore legittimamente individua,  giacche'  qualora,
invece, rispetto a tali fini si rivelino  radicalmente  inadeguate  o
inutili, ne derivera' necessariamente un vizio di  ragionevolezza  e,
soprattutto, la mancanza del presupposto della  necessita'  richiesto
dall'art. 13, comma terzo, Cost.  perche'  la  legge  consenta  -  in
questo caso imponga - l'adozione  in  via  provvisoria  provvedimenti
restrittivi della liberta' personale ad opera della p.g. 
    Ora, nel caso di  specie,  tale  coerenza  non  puo'  non  essere
giudicata alla luce del complessivo sistema amministrativo a  cui  la
sanzione penale accede e, in particolare, tenendo conto del fatto  1)
che la legge gia' in via amministrativa prevede una efficace reazione
dell'autorita' rispetto all'ingresso e alla permanenza illegale dello
straniero nel territorio nazionale e 2) che i beni-interessi a cui in
questo modo si offre protezione, sono, evidentemente, i medesimi  che
si assumono messi in pericolo dall'autore del reato di  cui  all'art.
14, comma cinque-ter, legge  cit.  per  cui  e'  prevista  la  misura
dell'arresto obbligatorio. 
    Proprio dal confronto con il  sistema  amministrativo  congegnato
nei casi di violazione della normativa sull'immigrazione emerge  come
la misura precautelare dell'arresto obbligatorio sia  sostanzialmente
inutile  ovvero  contraddittoria  e  controproducente  rispetto  alle
stesse  finalita'  perseguite  dal   legislatore,   comportando,   di
conseguenza, una non necessaria restrizione della liberta' personale. 
    E,  infatti,  gli  artt.  13  e  14  del  t.u.  sull'immigrazione
prevedono che lo straniero sprovvisto delle condizioni per  permanere
nel territorio nazionale debba essere senz'altro espulso  ovvero,  se
cio' non e' possibile, - perche' occorre procedere al soccorso  dello
straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identita'
o nazionalita', ovvero all'acquisizione di documenti per il  viaggio,
ovvero per l'indisponibilita' di vettore o altro mezzo  di  trasporto
idoneo - che sia trattenuto  per  il  tempo  strettamente  necessario
presso i Centri di identificazione ed espulsione  per  un  tempo  che
puo' raggiungere i 180 giorni. 
    Si vede, dunque, come il sistema amministrativo  prevede  in  via
generale una regolamentazione che consente all'autorita' di  p.s.  di
far fronte alle esigenze che si presentano in relazione alla presenza
dello straniero irregolare o clandestino nel territorio nazionale  in
termini ben piu' efficaci rispetto alla risposta che puo' offrire  il
sistema cautelare penale: mentre per via amministrativa si  introduce
una  procedura  che  conduce  all'espulsione   o   immediata   ovvero
conseguente agli accertamenti sull'identita' e  alla  predisposizione
dei documenti, con  la  misura  precautelare,  invece,  si  impedisce
l'immediata espulsione dello straniero e, comunque, si ostacolano  di
fatto le attivita' propedeutiche all'espulsione. 
    D'altra parte, va considerato  che  il  legislatore,  consapevole
della possibile sovrapposizione  tra  procedimenti  amministrativi  e
penali rispetto ad uno stesso soggetto e consapevole, altresi', della
maggiore efficacia della risposta amministrativa, mostra  chiaramente
di dare priorita' in via generale e per qualsiasi ipotesi di reato al
sistema amministrativo di espulsione (cfr. art. 13, commi 3  e  3-bis
d.lgs. cit.) e anzi di ritenere le esigenze di repressione penale del
tutto cessate una volta eseguita l'espulsione dello straniero  (cfr.,
in  particolare,  la  speciale  causa  di  non  punibilita'  prevista
dall'art. 13, comma 3-quater, d.lgs. cit.). 
    Si comprende, dunque, come la coerenza del sistema venga meno nel
momento in cui - sebbene sia previsto un procedimento  amministrativo
che gia' consente  il  trattenimento  dello  straniero  irregolare  o
clandestino in vista della sua immediata espulsione  e  sebbene  tale
procedimento e  le  finalita'  ad  esso  sottese  siano  privilegiate
rispetto al procedimento penale e siano  addirittura  considerate  in
via generale in grado di  assorbire  le  esigenze  della  repressione
penale - si imponga l'arresto dell'autore di  quelle  violazioni  che
mettono in pericolo proprio i medesimi beni-interessi per i quali  e'
gia' predisposto in via  generale  e  preferenziale  il  procedimento
amministrativo  che   una   volta   portato   a   termine   determina
l'improcedibilita' dell'azione penale. 
    In questi casi, la previsione dell'arresto obbligatorio si rivela
del tutto inadeguata in quanto interviene  restringendo  la  liberta'
personale di un soggetto che gia' in via amministrativa e' soggetto o
all'espulsione immediata ovvero al trattenimento  per  un  tempo  che
puo' raggiungere i 180 giorni nei C.I.E. La  previsione  dell'arresto
obbligatorio si rivela, inoltre, irragionevole perche' contrasta  con
la  netta  preferenza  mostrata  dal  legislatore   per   l'immediata
applicazione dei provvedimenti amministrativo per soddisfare  proprio
quelle medesime esigenze che sono sottese alle incriminazioni di  cui
agli artt. 13 e 14 d.lgs. cit. 
    Ne' una valida ragione della previsione dell'arresto obbligatorio
si puo' rintracciare nella eventualita'  che  nei  C.I.E.  non  siano
disponibili i posti per alloggiare lo straniero ovvero in quella  che
si  presentino  ulteriori  esigenze  di  tutela  della  collettivita'
diverse  rispetto  a  quelle  per  le  quali  interviene  il  sistema
amministrativo  di  espulsione  e   trattenimento   degli   stranieri
irregolari e clandestini. 
    In effetti, prescindendo dalla  legittimita'  di  un  impiego  in
chiave meramente strumentale della misura  precautelare  e  cautelare
rispetto alle esigenze amministrative, proprio il carattere del tutto
eventuale di tali circostanze - la mancanza di posti nei  C.I.E.,  la
presenza di esigenze di tutela della collettivita' ulteriori rispetto
a quelle considerate dalla legislazione sull'immigrazione clandestina
e da essa adeguatamente soddisfatte - rendono evidente come la misura
dell'arresto obbligatorio non sia proporzionata e  necessaria  e  che
tale misura, restrittiva della  liberta'  personale  dovrebbe  essere
limitata  alle  sole  ipotesi   concrete   in   cui   tali   esigenze
effettivamente si verifichino secondo  i  criteri  direttivi  di  cui
all'art. 38l, comma quarto, c.p.p. 
    Ne consegue, dunque, l'irragionevolezza e la sproporzione di  una
disposizione che prevede obbligatoriamente  una  misura  precautelare
che ex ante - e salve eventuali esigenze riscontrabili a  seguito  di
una valutazione del caso concreto - si rivela non necessaria. 
    3. Conferma i dubbi di costituzionalita' sopra  rappresentati  la
circostanza che la previsione dell'arresto  facoltativo  e'  prevista
dal legislatore in relazione a  fattispecie  di  reato  che  gia'  in
astratto  presuppongono  una  concreta  pericolosita'  del   soggetto
rispetto all'integrita' di beni-interessi  penalmente  rilevanti:  in
particolare, per il reato  di  evasione,  anche  se  commesso  usando
violenza o minaccia verso le persone (art. 385, comma secondo, c.p.),
l'arresto e' facoltativo sebbene in questo  caso  la  valutazione  di
pericolosita' dell'arrestato sia, in qualche modo, insita  nel  fatto
che il soggetto si  trovava  gia'  ristretto  in  stato  di  custodia
cautelare. 
    4. Per le considerazione sopra esposte  deve,  dunque,  ritenersi
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 in
relazione agli artt. 3 e 13 Cost.